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Sfilate più iconiche

SS19-Il debutto

La sfilata uomo SS19 del 21 giugno al Jardin de Palais Royal ha segnato l’inizio di una nuova era per Louis Vuitton, un evento cult per la storia della moda che ha suscitato pareri contrastanti e allo stesso tempo ha racchiuso momenti iconici come Kid Cudi in passerella e il commovente abbraccio tra Abloh e Kanye West. Caratterizzata da abiti sofisticati e sartoriali con pantaloni larghi e giacche doppiopetto, la collezione è iniziata con una sfilza di look completamente bianchi per poi trasformarsi in un caleidoscopio di colori: cappotti da aviatore in montone, silhouette influenzate dall’abbigliamento sportivo, camicie utilitarie e pantaloni in stile combat, indossati in passerella da personaggi come Playboi Carti, Steve Lacy, Theophilus London, Dev Hynes, A$AP Nast, Octavian, il pittore Lucien Smith, l’artista Blondey McCoy e il pattinatore professionista Lucien Clarke. Il maglione a intarsio “Wizard of Oz”, rimane ad oggi uno degli item più facilmente riconoscibili di tutte le sue collezioni: in tutto lo show apparivano reference al celebre film del ‘39, spesso considerato una delle migliori rappresentazioni cinematografiche del Sogno Americano – poi apparse anche in una serie di pop-up negli store di Louis Vuitton di tutto il mondo. Sulle note del brano allora appena pubblicato da Kanye I Thought About Killing You, veniva distribuito agli ospiti seduti l’opuscolo dello spettacolo, un vero e proprio “vocabolario secondo Virgil Abloh” in cui venivano proposte le definizioni di termini fondanti della filosofia del designer, come “collaborazione”, “designer”, “grafica”, “millennial”, “normcore”, “produzione” e “streetwear”. 

FW20-La decostruzione dell’abito maschile

Per lo show FW20 Abloh ha deciso di esprimere la sua opinione su un argomento che non aveva ancora esplorato prima e alla base del codice dell’abbigliamento maschile: «Qualcosa che non hai mai visto da me prima: l’abito». Il set coordinato che noi tutti ci figuriamo come l’ensemble di giacca + pantalone formale, cravatta e camicia aderente si arricchisce in questo caso di bottoni gioiello, borse da viaggio multitasking, bretelle trasformabili e blazer destrutturati. Abloh ha studiato i “ragazzi che vedeva in viaggio”, i lavoratori che sfrecciano in fretta per le strade con le giacche di nylon sopra i tailleur, carichi di borse, e ha pensato ad un’alternativa funzionale alla classicauniforme da ufficio. Un inno, forse, a vivere le situazioni del quotidiano con più calma e ad allontanarsi dalla velocità frenetica a cui viaggia il mondo. L’invito alla sfilata eraun orologio con il branding di Louis Vuitton impostato per funzionare all’indietro. Non possiamo tornare indietro nel tempo, sembrava stesse dicendo, ma non dovremmo sprecarlo, che fosse già a conoscenza del suo destino?

SS21-Peluche simbolici

La SS21 è stata forse una delle collezioni più esuberanti prodotta da Abloh: motivi psichedelici, pattern a contrasto, vignette ironiche, colori sgargianti. Ma ciò che ha davvero catalizzato l’attenzione in questo marasma di stravaganza è stato il peluche di un orsetto, applicato a giacche blu elettrico e giallo canarino o portato a mano dai modelli. Il “Doudou” teddy bear non è stato solo un pupazzo iconico della sfilata menswear SS21, con il classico motivo monogram e la palette di colori che richiama subito all’immaginario il logo di LV, né un’innocente citazione della collezione SS05 della maison, ma la risposta alle controverse accuse di plagio mosse dal designer belga Walter Van Beirendonck a Virgil Abloh. Un simbolo portavoce di più significati che si arricchiscono e si confondono fra loro e che restano in parte un mistero. Abloh su Instagram precisava come l’orsetto fosse stato disegnato dall’allora menswear designer del brand, Keith Warren, ispiratosi al romanzo-cult a tema LGBT Ritorno a Brideshead (in cui un orso di peluche è uno degli elementi centrali della trama), mentre in un saggio di sette pagine sulle sue origini africane, raccontava di quando, in un negozio di giocattoli parigino, si era intravisto riflesso in uno specchio con le tasche piene di pupazzi di ogni forma e colore per i suoi figli e si era ricordato, istintivamente, delle maschere scolpite e bambole tradizionali del Ghana.

FW21-Tourist vs Purist

“Da bambini, i nostri sogni e le nostre aspirazioni sono personificati da archetipi”, ha scritto Abloh nelle note dello spettacolo, spiegando che la sua intenzione era di esplorare “le supposizioni che facciamo sulle persone in base al modo in cui si vestono: sul loro background culturale, genere, e sessualità”. Remixando personaggi topici della nostra società, come l’uomo d’affari, l’artista, il venditore e il vagabondo, il risultato è un’offerta eclettica che sfida i codici di genere e rende i modelli difficili da classificare. Drammatici soprabiti con spalle larghe e bottoni a forma di aeroplano, pelle a stampa monogram rielaborata in borse a forma di jet e valigie metalliche. E ancora tartan scozzese, cappelli da cowboy, gonne sovrapposte pantaloni e giacche varsity. Il clou della collezione, però, sono state due giacche costruite come versioni pop-up degli skyline di Parigi e New York. La polemica sull’appropriazione culturale nella moda viene superata da Abloh con una mescolanza creatrice: dall’unione elementi che si tengono insieme senza sintetizzarsi e senza eliminarsi, ma qualcosa di del tutto nuovo. La coesistenza di cose diverse, impossibile se si ricorre subito alla polemica sull’appropriazione culturale, potrebbe essere ciò che si oppone alla presunta purezza delle culture. Abloh sintetizza il concetto in “Tourist vs. Purist”, un motto che campeggia sulle borse Vuitton o sulle giacche. Il “turista” è l’outsider, colui che non appartiene storicamente a un certo mondo, che ne è stato anzi a lungo escluso dai puristi, i “nativi” di una cultura. Abloh tramite questa collezione prova a suggerire che gli outsider della moda, i turisti del lusso, quelli come lui, sono coloro che potrebbero portare una visione nuova nella moda e nel mondo.

SS22-“Virgili Was Here”

È andata in scena martedì 30 novembre 2021 al Miami Marine Stadium l’ultima sfilata di Virgil Abloh per Louis Vuitton. Lo spin-off della collezione uomo SS22 della Maison è sembrato essere la sintesi del lavoro di Abloh nella maison francese. Perché lì, come in molti avevano sperato, c’erano davvero tutti quelli che con Virgil Abloh avevano condiviso una vita incredibile, Kid Cudi in passerella, così come nello show del 21 giugno 2018 nei giardini del Palais-Royale, ma anche Ye, Pharrell, Jerry Lorenzo, Don C, Samuel Ross, Matthew Williams, Sean Wotherspoon e tantissimi altri. Qualcuno l’ha definito un funerale, un ultimo addio pubblico per regalare il giusto tributo al lavoro di Abloh, ma forse sarebbe meglio dire che è stata piuttosto la chiusura di un cerchio iniziato nel 2009 alla Paris Fashion Week. A uscire a fine passerella, lo stuolo di collaboratori dell’ufficio stile, con indosso una t-shirt speciale firmata Louis Vuitton Miami, a seguire l’esplosione di colorati fuochi d’artificio sullo sfondo della monumentale statua di Abloh posizionata fra la zona sfilata e la location del concerto post-evento, che sembrava fissare impaziente lamongolfiera rossa con il monogramma LV mentre strattonava le sue funi senza sosta.